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In principio era il passion fruit: tra i frutti tropicali, forse il più esotico e insolito che si potesse trovare nelle cucine italiane, e in quanto tale utilizzato per dotare pietanze dolci e salate di aromi e sapori inusuali. Oggi il passion fruit è abbastanza istituzionalizzato in cucina, pertanto il suo utilizzo ha perso gran parte del coefficiente di novità e di alterità che aveva all’inizio.
Ma più che un problema, per gli esploratori di cibi e sapori esotici questo fenomeno di progressiva secolarizzazione del gusto rappresenta un’opportunità: quella di ripartire da zero, alla ricerca di ingredienti nuovi e sconosciuti, sfruttando l’enorme biodiversità che il mondo vegetale garantisce, almeno a certe latitudini.
Frutti tropicali: come innovare la cucina tradizionale
La galassia dei frutti tropicali è, in tal senso, una riserva pressoché infinita di risorse che aspettano solo di essere affrancate dal loro status di curiosità per turisti, per impadronirsi delle nostre cucine e – di conseguenza – delle nostre tavole. Alcuni di questi frutti sono già disponibili – ancorché, almeno per ora, a prezzi tutt’altro che amichevoli – nella grande distribuzione ortofrutticola; altri stanno incontrando qualche resistenza in più, ma il sospetto è che si tratti di una mera questione di tempo.
Noi ne abbiamo isolati cinque: ve li proponiamo, con alcune indicazioni di base su come utilizzarli nella preparazione di cibi e bevande, allo scopo di diversificare l’offerta del vostro locale con sapori molto lontani dal palinsesto organolettico della dieta mediterranea.
Kiwano: un’esplosione di freschezza
Il kiwano è un frutto “gentile”, dal sapore tenue e acquoso, che tende a non coprire gli altri ingredienti. Tuttavia, il suo gusto sospeso tra quello di un ortaggio – ad esempio il cetriolo barattiere, per chi ha dimestichezza con i prodotti tipici del Salento – e quello di un frutto – con sentori di melone e banana –, con vaghi sentori agrodolci, è alquanto persistente e molto particolare. Se fuori si presenta con una buccia spessa e giallognola, dentro rivela una polpa divisa in semini di colore verde e di forma simile a quelli del melograno.
Ricco di magnesio, calcio, ferro e potassio, il kiwano si presta ottimamente per la creazione di cocktail fruttati e leggeri, in virtù della sua capacità di stemperare il carico alcolico. In cucina, può essere utilizzato per la preparazione di riduzioni in accompagnamento a secondi di carne rossa e bianca, ma anche di pesce; l’innata freschezza lo rende un elemento ideale a ingentilire il gusto prepotente della cacciagione.
Durian: la riscossa del frutto maleodorante
Malgrado venga consumato in maniera copiosa in tutta la Penisola Indocinese e in gran parte della Cina del sud (a Hong Kong e Singapore è una sorta di frutto nazionale, pur essendone vietata l’introduzione in gran parte dei locali e dei mezzi pubblici), per gli occidentali il durian è una sorta di kryptonite.
Colpa dell’odore acre e pungente, simile a quello di un frutto marcio, che emana dalla sua polpa. In realtà, il durian è un vero e proprio detonatore di oligoelementi (quantitativi da record di vitamine B1, B2, B6, C, potassio, flavonoidi e antociani) e, se si riesce a superare l’impatto – in effetti alquanto brutale – con il suo cattivo odore, se ne può apprezzare il gusto vagamente piccante e speziato.
In paesi come la Malesia, il Vietnam e la Thailandia, il durian viene utilizzato per la preparazione di dolci e torte, simili alle pies americane: immaginate, ad esempio, una classica torta di zucca con il durian al posto del più celebre ortaggio arancione. D’altronde, gli elementi zuccherini sono i più idonei per attenuare la parte più “respingente” del sapore di tale frutto. Gli chef più arditi, tuttavia, non disdegnano di utilizzarne la polpa densa e burrosa per la preparazione di creme salate, chutney e salse.
Mangostano: i segreti dell’aglio dolce
Se all’esterno il mangostano si presenta come un frutto di piccole dimensioni e dalla spessa buccia violacea, all’interno rivela un arillo biancastro in tutto e per tutto simile all’aglio. Il sapore, tuttavia, è dolce e fresco, simile a quello della pesca. A livello nutrizionale, il mangostano si presenta come un formidabile antiossidante e antibatterico, grazie alla notevole presenza di polifenoli: proprio in virtù di ciò, è un elemento imprescindibile della medicina tradizionale indocinese (la pianta è originaria dell’Indonesia e delle aree limitrofe).
In cucina, vale la pena sfruttare la piacevole consistenza della polpa del mangostano. Pertanto, non è consigliabile ridurlo in composta o purea. Meglio servirlo a dadini o cubetti, come accompagnamento per piatti di carne o – ancora meglio – come ingrediente di insalate e macedonie.
Acerola: un trionfo di vitamina C
Originario dei Caraibi e del Brasile, questo frutto simile alla ciliegia (non a caso è conosciuto anche come ciliegia delle Barbados) è riconosciuto come il secondo più ricco di vitamina C tra quelli conosciuti, superato solo dall’australiano – e pressoché introvabile alle nostre latitudini – kakadu.
Malgrado l’aspetto, il sapore non ricorda quello della ciliegia: semmai, si ricollega a quello delle “consorelle” visciole, soprattutto per l’elevato livello di asprezza (uno dei piacevoli effetti collaterali della vitamina C). Inoltre, malgrado le piccole dimensioni, la polpa è suddivisa in spicchi.
La persistente acidità del frutto può essere utilizzata in cucina per la creazione di salse e riduzioni in grado di stemperare pietanze molto grasse. Inoltre, il suo gusto persistente si presta in maniera ottimale alla creazione di cocktail alcolici e analcolici.
Pitaya: la carezza del drago
Conosciuto tra i frutti tropicali anche con il termine inglese dragonfruit, ma distribuito in Italia con il suo nome indigeno, è un frutto originario del Centro e Sud America, ma diffusosi secoli fa in tutta l’area del Pacifico, dalle Hawaii fino all’Indocina. Ha una buccia rosacea oppure gialla e una polpa bianca dalla tessitura densa e uniforme, “sporcata” da una moltitudine di piccoli semi neri edibili, simili a quelli del kiwi. Il sapore è acquoso e vellutato, e gli è valso il soprannome di strawberry-pear.
In cucina, la pitaya si presta ottimamente alla realizzazione di creme, marmellate e conserve. Molto utilizzato in Estremo Oriente per la preparazione di dolci e torte, è sufficientemente duttile da prestarsi ad accompagnare secondi di carne o pesce, e persino formaggi dal sapore particolarmente persistente.
Questi sono solo alcuni dei frutti tropicali in grado di offrire un tocco di novità e una sorprendente diversificazione dei sapori ai prodotti del vostro bar o della vostra cucina. Pertanto, se state cercando dei prodotti nuovi capaci di ravvivare la vostra offerta e il ventaglio dei sapori a disposizione dei vostri clienti, ora sapete dove – e soprattutto cosa – cercare.