PROFESSIONI DELLA RISTORAZIONE Ovvero come il Caos regna sulle norme sia in Italia che all’Estero

Parliamo oggi della legislazione e delle realtà formative italiane e europee relative alla ristorazione professionale, una vera giungla di idee, progetti e inquadramenti istituzionali in via di sviluppo che, allo stato attuale dei fatti, sono privi riferimenti precisi e stabili.

Come promesso affrontiamo in questo secondo articolo (QUI TROVATE IL PRIMO) questa difficile e intricata questione.
Nel mondo della ristorazione professionale, così come avviene in altri settori lavorativi, avere un riconoscimento istituzionale al proprio percorso di studi, o alla propria esperienza, dovrebbe essere normale e logico. Ma come vedremo non è così.

PROFESSIONI REGOLAMENTATE E NON REGOLAMENTATE

buoni-libro-e-borse-di-studioEsistono in Italia vari percorsi di studi.
Il percorso di studi obbligatorio, attualmente fino a 16 anni, è solo quello relativo all’istruzione media per poter vivere in una società come la nostra.
Per quanto riguarda il mondo delle professioni invece i percorsi non sono obbligatori ma prendono strade molto differenti a seconda se si parla di “professioni regolamentate” e “professioni non regolamentate“.

Le “Regolamentate” sono tutte quelle professioni per le quali è previsto un piano di studi formale (quindi svolto da scuole statali o parastatali) al termine del quale si ottiene un riconoscimento ed un titolo e l’iscrizione ad un ALBO ufficiale.

Tutti questi percorsi di formazione hanno 3 step:

  1. Studio: dove si acquisiscono le conoscenze necessarie alla professione.
  2. Pratica: dove si acquisisce, o si dovrebbe acquisire, la manualità necessaria a “poter fare”.
  3. Esame: dove si controlla che i due precedenti punti siano sufficientemente acquisiti.

Al termine del percorso si ottiene il Titolo di professionista in un determinato campo e il diritto di essere incluso nel relativo Albo. Parliamo di medici, avvocati, ingegneri, architetti, commercialisti, dentisti, notai etc.
In questa tipologia rientrano anche le professioni senza laurea, come l’Estetista o il Parrucchiere, dove lo Stato obbliga l’aspirante professionista a fare un percorso certificato di studi sotto il diretto controllo programmato delle Regioni, un tirocinio formativo, un esame per l’abilitazione alla professione.

PERCHE’ REGOLAMENTARE UNA PROFESSIONE?
medicoSi cerca semplicemente di limitare i possibili danni provocati da chi effettua una professione senza avere le conoscenze e la pratica necessaria a portelo fare. Ma parliamo delle professioni che potrebbero provocare al cittadino serie conseguenze: il medico mette le mani sul paziente e lo cura, un avvocato ne tutela i diritti in cause che potrebbero comportare la fortuna o la rovina della persona, un architetto progetta una casa che deve stare in piedi senza crollare al primo soffio di vento, un’estetista lavora con arnesi e prodotti chimici sul corpo della persona e così via. L’obiettivo è sempre la tutela del cittadino.

Le “NON Regolamentate” sono tutte le professioni senza Albo e con percorso di studi alternativo o libero (detto “non formale”). Parliamo del Fornaio, del Pasticcere, del Cuoco, dell’Artigiano Falegname, o Tappezziere e tutte le altre miriadi di professioni che, pur necessitando di un ampia conoscenza e pratica, non sono mai state inquadrate.

CHE SIGNIFICA INQUADRATE?
Significa affibbiare ad ognuna di esse:

  1. un preciso “corpo di conoscenza”
  2.  una serie precisa di “abilità pratiche dimostrate” (ovvero che lo sanno effettivamente fare)
  3. i parametri per un esame di abilitazione.

Ed è quello che, almeno in parte, sta cercando di fare la Comunità Europea con un progetto chiamato ESCO dove per ogni professione si cerca di stabilire sia l’a. che il b.
! Per l’approfondimento sul sistema ESCO –> LEGGI L’ARTICOLO

PERCHE’ NON REGOLAMENTARE UNA PROFESSIONE?
Quando la componente del lavoro non comporta gravi rischi per l’utente, lo Stato non sente l’esigenza di regolamentare la professione. Un fotografo vi farà al massimo delle brutte foto ma non metterà a rischio la vostra salute o i vostri averi. Su certe professioni, come il Cuoco o il Fornaio o il Barista, lo Stato si assicura che il lavoratore sappia come manipolare alimenti e bevande, non che sappia cucinare bene o fare un buon drink.

QUANDO UN TITOLO è SINONIMO DI SAPER FARE
Fantozzi_1Buongiorno sono l’Avvocato Badablà” così può cominciare una semplice conversazione con una persona. Sentendo la parola “Avvocato” nella testa si affollano tanti concetti tra cui uno in particolare “questa persona conosce le leggi e sa far valere diritti e sa cosa è legale e cosa no”.
Un “titolo” nella nostra testa equivale quasi sempre ad essere competenti in un determinato corpo di conoscenza: il farmacista conosce i farmaci, il medico le malattie, l’architetto i muri etc… Non si offendano le rispettive categorie se ho sintetizzato, stiamo andando per concetti.
Ma equivale solo a questo? NO, equivale anche ad affibbiare automaticamente un “saper fare“. Mi aspetto infatti che il farmacista mi sappia consigliare sulle medicine, le sappia maneggiare, sappia le controindicazioni etc etc. E così per un medico e un architetto, mi aspetto che sappiano FARE.

Quindi un TITOLO equivale ad essere esperto di un CORPO DI CONOSCENZA e PRESUME che si sappia FARE qualcosa. 

I TITOLI SENZA TITOLO

tantiIn Italia non tutti i percorsi di studio hanno obblighi di praticantato e tirocinio.
E l’elenco delle professioni legalmente praticabili senza obblighi di tirocinio o esami di abilitazione da sostenere, è lunghissimo. Solo per fare qualche esempio: il Cuoco, il Pasticcere, gli Interpreti, gli Educatori Cinofili, i Procacciatori d’Affari, i Programmatori dei più svariati generi, i Webmaster, i Consulenti aziendali, Grafici, Pubblicitari, Registi, Attori, Modelle, Fotografi, la lista è a dir poco immensa. Dire “sono un fotografo” è darsi un titolo, che però in Italia non ha alcun valore di riconoscimento: un titolo senza Titolo.

Tutte le professioni non regolamentate, comprese quelle che hanno corsi di formazione riconosciuti, hanno i limiti di non essere Inquadrate (come specificato poco sopra) e di non dare quindi alcuna garanzia formale che la persona sia in qualche modo qualificata. Anche nei corsi di formazione Riconosciuti, riguardanti professioni non regolamentate, non si certifica che la persona sappia effettivamente fare il proprio mestiere: se vuoi sapere cosa certificano puoi leggere questo articolo.
Ma siamo sicuri che ci siano certe professioni creative, come ad esempio quella del cuoco, pasticcere etc, che non hanno bisogno di venire imbrigliate. Sarà il mercato, la clientela, a stabilire se la persona è idonea a fare quel mestiere, decretandone il successo o il fallimento. E non sarà un titolo Ufficiale a fargli tornare i bilanci o mantenergli un posto dentro ad una azienda. 

Questo lo Stato lo sa bene e gli unici obblighi che mette la legge per aprire una qualunque attività ristorativa sono una struttura a norma, un certificato SAB (ex REC) e il certificato di HACCP per la manipolazione di alimenti e bevande.

Poi se non si sanno fare due uova al tegamino, o se non si sa come fare i conti tra costi e ricavi, sarà un problema del professionista… più che dei suoi clienti.

N.B. da rapporti recenti sembra che alcuni SUAP (Sportelli Unici Attività Produttive) di alcuni comuni del Nord Italia, stiano richiedendo la presentazione di un diploma o di un attestato di frequenza ad un corso specializzato per dare la concessione per l’apertura di un’attività ristorativa. Questo ci rallegra per due motivi: il primo è che per lo meno c’è un minimo di responsabilità da parte degli Enti Pubblici sulla qualità delle imprese, il secondo è che vanno benissimo anche Certificati di frequenza, o Diplomi, di scuole private. Si punta al sodo, e questo è una buona notizia.

IL VALORE LEGALE E L’EGEMONIA DELLO STATO

Il valore legale di un titolo di studio è generalmente determinato da due fattori distinti:

  1. l’autorità pubblica che introduce e riconosce il titolo come “titolo ufficiale” dato dal proprio sistema di istruzione formale;
  2. l’autorità scolastica competente o l’accademia che conferisce ufficialmente il titolo di studio.

Il possesso di valore legale di un titolo distingue certi titoli di studio rispetto ad altri attestati di qualifica che, anche se rilasciati da soggetti autorevoli, non sono riconosciuti formalmente in modo ufficiale.

Quindi lo Stato, in virtù dei suoi poteri e doveri di salvaguardia della popolazione, si arroga il diritto arbitrario di stabilire cosa dovrebbe saper fare un Medico e quale percorso formativo e di tirocinio è idoneo per poter dare un Titolo del genere in modo ufficiale.

A COSA SERVONO I DIPLOMI LEGALMENTE RICONOSCIUTI NELLA RISTORAZIONE?

b_720_0_0_0___images_stories_users_prodan_saper_fare_riscoprire_larte_del_saper_fareMentre è comprensibile che in un campo medico o avvocatizio ci sia la necessità di richiedere la tutela del cittadino attraverso un diploma riconosciuto, nel campo della ristorazione professionale la cosa ha ben poco senso. Se state pensando che c’è il pericolo che un disgraziato vi avveleni ricordatevi che comunque ci sono i corsi di HACCP e SAB che sono obbligatori.

 

Per quanto riguarda il mondo della ristorazione professionale i regolamenti scolastici formali prevedono solo un titolo generico: il diploma di Istituto Alberghiero che dà legalmente la qualifica di cuoco, anche se in molti istituti non si effettua nemmeno il tirocinio.
Attraverso alcuni corsi di Formazione Professionale, con programma concordato con le Regioni, si ottiene un Diploma Legalmente riconosciuto di “Addetto alla Preparazione dei Pasti” o “Esperto di prodotti panificati“, o nomi simili, che rappresentano alla fine quello che noi chiamiamo Cuoco o Pasticcere o Fornaio etc.
(Anche se la questione ha dei lati oscuri: potete approfondire leggendo Questo Articolo)

Questo è il massimo del riconoscimento raggiungibile a livello Statale.

>> Non è previsto il rilascio di qualifiche specifiche (come ad esempio la qualifica di capo cuoco o di chef pasticcere) che però hanno una posizione ufficiale amministrativa, assicurativa, sindacale e, chiaramente, d’imposta. Quindi in Italia e in Europa si ha la posizione ufficiale di capo cuoco con tutte le conseguenze sindacali e d’imposta annesse, ma non esiste il percorso formativo formale corrispondente per raggiungere tale qualifica.

Ma chi ha un Diploma Alberghiero o un diploma legalmente riconosciuto nel mondo della ristorazione ha dei vantaggi: è l’unico che può “aspirare” a ottenere lavoro da ospedali, mense scolastiche, ospizi e alcune eccezioni come Camere e Senato della Repubblica che hanno la loro cucina interna. Sempre che questo rientri tra le aspirazioni del futuro chef.

FORMAZIONE PROFESSIONALE: LE DIFFERENZE TRA I CORSI RICONOSCIUTI E QUELLI NON RICONOSCIUTI

calendario2I corsi con diploma riconosciuto si chiamano “corsi a programma concordato” e rilasciano una qualifica a livello europeo che prende i nomi fantasiosi espressi nel paragrafo precedente.
Possono durare tre anni, ma se ne trovano di pubblicizzati con tempistiche di 600/700 ore (N.B. con monte orario stabiliti dalle Regioni più che dallo Stato – Leggi Articolo), hanno un complesso di materie/argomenti che sono stati accettati dalla Regione di competenza come necessari e sufficienti, hanno un tirocinio professionale ed un esame finale.

(ATTENZIONE: Ci sono corsi che durano ben 3 anni e rilasciano la medesima qualifica di quelli che durano 5 mesi. Se vuoi sapere il perchè puoi approfondire leggendo Questo Articolo

LA GRANDE DIFFERENZA DEI PREZZI E DEI CORSI
La varietà dei prezzi e dei programmi è molta poiché ogni Regione ha dei parametri che vengono recepiti dalle Agenzie Formative le quali creano a loro volta i progetti e i relativi costi.
I corsi che non rilasciano diplomi riconosciuti sono tantissimi, tutti privati, e possono essere promossi da varie figure più o meno qualificate. Si possono trovare i corsi amatoriali di basso contenuto professionale ma ci si può anche imbattere in corsi di altissimo livello promossi da enti di rilievo. Anche qui i costi, modalità e i tempi variano notevolmente fino a raggiungere la durata di un biennio e 15.000 euro complessivi di spesa.
Visto che il mercato privato è molto più attraente di quello pubblico, ci sono anche agenzie accreditate alle Regioni, le stesse che preparano i corsi Legalmente Riconosciuti, che hanno girato il timone e producono quelli che vengono denominati come “corsi a programma libero“.
Di solito sono corsi che hanno costi e tempi inferiori ai corsi a programma concordato e permettono all’allievo di intraprendere velocemente la strada professionale del lavoro.

SPENDIBILITA’ DI UN DIPLOMA
public-privateConsiderando che ad oggi il mercato lavorativo della ristorazione è composto per il 96% da privati e il 4% dal settore pubblico, formato appunto dalle categorie sopra citate, è comprensibile che l’aspirante chefcuocopasticcerepizzaiolo e fornaio cerchi un’alternativa nel settore della formazione “non formale”.
Nel settore privato la spendibilità infatti non è legata al riconoscimento pubblico del diploma, quanto al prestigio legato al diploma stesso. In questo frangente è la fama che si è fatta la scuola privata a determinare la reale spendibilità del Diploma. Il successo degli ex allievi diventa un valore aggiunto per gli allievi futuri.

Infatti il settore privato funziona diversamente da quello pubblico: la persona viene valutata in base alle reali capacità piuttosto che in base al titolo di studio ufficiale.

ULTIMI SUGGERIMENTI…
uncle sam chefFarsi strada nella giungla della Formazione “Non Formale” non è facile ma magari è utile porre l’attenzione sulle tre fasi della formazione delle professioni riconosciute:
Studio teorico.
Tirocinio pratico professionale.
Esame.
Questo mix offre per lo meno un minimo di coerenza logica e chi propone un percorso del genere sta sicuramente tentando di raggiungere un livello di formazione che porti l’allievo a saper operare effettivamente all’interno di un’attività ristorativa professionale.

Diffidate poi dei corsi troppo lunghi, l’attività professionale nel settore del gusto si impara intorno ai forni e fornelli piuttosto che sui banchi!