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Esistono numerose piattaforme progettuali a cui gli Stati sono chiamati ad aderire per ridefinire i propri sistemi di formazione, ma in realtà, a livello europeo non risultano allineate neanche le denominazioni.
Ma i problemi non sono finiti qui…
Diversi lettori ci chiedono di affrontare la questione dei titoli di studio nella ristorazione e la loro validità in Europa.
In questo articolo tenteremo di dipanare questa enorme e incollata matassa, ma sicuramente faremo degli approfondimenti in altri articoli. Per il momento proviamo ad elencare alcune delle maggiori problematiche legate a questo aspetto che confonde principalmente gli aspiranti lavoratori nel settore, perché i professionisti sembrano avere le idee parecchio chiare in proposito.
SE DICI CUOCO…
Sembrerebbe scontato poter parlare di CUOCO in Italia e farsi comprendere in ogni altro paese che stiamo parlando di quella specifica figura professionale. Purtroppo non è così. Vediamo perchè:
IL SISTEMA ISCO – 08 (International Standard Classification of Occupations Classificazione internazionale delle occupazioni.NdR). E’ un sistema adottato nei vari paesi che inquadra le figure lavorative in 4 raggruppamenti fino ad assegnare un codice numerico univoco ad una determinata attività professionale. Se la cosa funzionasse sarebbe utile, ma la realtà dei fatti si discosta largamente dall’intento di base.
Il quadro internazionale differisce infatti da quello adottato da ogni stato membro, e regna il Caos.
Sei uno Chef? A livello internazionale appartieni al gruppo “artistico, culturale, culinario professionale”.
In Italia invece appartieni al gruppo dei “Tecnici della preparazione alimentare”, stesso gruppo al quale appartiene il controllore di qualità di una catena produttiva.
Sei un Cuoco, un Pizzaiolo o un Pasticcere? Poco importa, per l’Istat le tre professioni sono la stessa cosa.
Sei un Pizzaiolo? Il codice ISCO non inquadra la tua professione.
Vediamo questo schema a confronto…
ITALIA EUROPA
“Chef” codice Istat: 3.1.5.4.1 | “Chef “ codice ISCO-08: 3434
“Cuoco” codice Istat: 5.2.2.1.0* | “Cooks” codice ISCO-08: 5120
“Pasticcere” codice Istat: 5.2.2.1.0* | “Bakers, pastry-cooks” codice ISCO-08: 7512
“Pizzaiolo” codice Istat: 5.2.2.1.0* | – ISCO-08: assente
…e rendiamoci conto che per il momento nemmeno le denominazioni combaciano.
CLASSIFICAZIONE EQF E SISTEMA ESCO PER UNA VALUTAZIONE INTELLETTUALE
Il quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework) tenta di creare a livello internazionale, e in termini generici, un modo per valutare istantaneamente il livello di istruzione intellettuale di una persona sulla base delle conoscenze, abilità e competenze e dare una gradazione di qualifica che va da 1 a 8 (unità di misura eqf).
Un esempio: Se Tizio ha nel curriculum un grado “EQF 3”, allora significa che possiede le seguenti caratteristiche:
- Conoscenze: di fatti principi processi e concetti generali, in ambito lavorativo o di studio.
- Abilità: Una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie a svolgere compiti e risolvere problemi scegliendo e applicando metodi di base, strumenti, materiali ed informazioni.
- Competenze: Assumere le responsabilità di portare a termine compiti nell’ambito del lavoro e dello studio;
- Adeguare il proprio comportamento alle circostanze nella soluzione dei problemi.
Nota Bene: questo elenco sopra è esattamente ciò che un EQF 3 sta a significare. Non ci sono ulteriori specifiche riguardanti la specifica qualifica o professione.
Quindi serve fondamentalmente per dare una valutazione intellettuale MOLTO generica nel tentativo di comparare i sistemi di istruzione nei vari paesi e capire se ad esempio un laureato in Olanda è parificato ad un laureato in Italia, ma solo intellettualmente! Non si addentra nello specifico delle conoscenze della specifica laurea o professione. Quindi due ingegneri di due paesi diversi con lo stesso EQF possono essere preparati in modo totalmente differente sulla loro professione.
(Fonte: per chi avesse voglia di approfondire inseriamo il LINK del rapporto siglato tra Stato e Regioni. NdR)
E quindi ci chiediamo… a che serve avere un EQF qualsiasi se questo non ci qualifica nella nostra professione ma solo in termini generici intellettuali?
GLI EQF E L’ITALIA
Secondo la Legge 14.01.2013 n° 4 , G.U. 26.01.2013 i professionisti della ristorazione professionale (Chef, Cuoco, Pasticcere, Pizzaiolo etc) sono:
- appartenenti a professioni non regolamentate
- organizzati in associazioni professionali a tutela della professione, come ad esempio l’Associazione Professionale Cuochi Italiani o la Federazione Italiana Pasticceri etc..
- senza obbligo di aderire alle associazioni professionali che non hanno titolo se non come consulenti di una futura norma europea.
Questo implica diverse conseguenze ma la più importante è che non esistono pubblicamente percorsi formativi standardizzati perchè manca la norma europea citata dalla legge come “futura” ovvero possibile, magari probabile.
In mancanza di una norma che ci dica cosa deve saper fare un cuoco, o un pasticcere, o un pizzaiolo etc., per essere appellato come tale, in pratica chiunque può progettare un corso e mettere nel programma quello che vuole.
Quindi, nella sostanza e fino a prova contraria, questi corsi con Diploma Legalmente riconosciuto hanno l’unico plus di dare una “valutazione intellettuale generica riconosciuta” e non di certificare che si sa svolgere effettivamente la professione.
MA LE REALI COMPETENZE RELATIVE ALLA PROFESSIONE CHI LE STABILISCE?
L’Europa sta tentando di fare qualcosa in proposito con il sistema denominato ESCO (European Skills/Competences, qualifications and Occupations, NdR). In questo, che per adesso è un grande archivio, si cerca di delineare le abilità/competenze, qualifiche di ogni professione. La cosa è ancora molto allo stato embrionale ed infatti non ci risulta che nessuno degli Stati membri abbia ancora utilizzato il sistema nel proprio paese. Come dargli torto visto che tra le competenze correlate alla figura professionale del semplice “Cuoco” figurano: Cucina cinese, Cucina coreana, Cucina francese, Cucina giapponese, Cucina indiana, Cucina indonesiana, Cucina messicana, Cucina thailandese, Sushi, Wok, Cibo kasher, Vigilanza in caso di assembramento.
Da quello che si capisce dal sistema, un Cuoco, per essere appellato tale, dovrebbe essere una enciclopedia vivente della cucina e saper “vigilare in caso di assembramento”.
E’ ovvio che come detto sopra il sistema è lontano dall’essere ultimato e recepito dai singoli stati.
Comunque se volete potete andare al sistema online e cercare qualche denominazione di lavoro e leggere le conoscenze correlate: LINK.
Quindi per rispondere alla domanda: nessuno sta stabilendo le competenze delle professioni legate alla ristorazione, anche se l’Italia qualcosa lo ha stabilito come leggerete nella prossima sezione.
LE QUALIFICHE RICONOSCIUTE IN AMBITO RISTORATIVO
Ovvero fin dove si è spinto il legislatore italiano.
A livello legislativo per comprendere il tutto si deve tenere conto di una serie di atti pubblici (leggi di varia natura e accordi tra Stato e Regioni e tra Stato e Comunità Europea). Non vogliamo annoiarvi ma è importante darvi le fonti ed i riferimenti in modo che non ci siano dubbi.
Vediamo la Summa di due atti specifici che ci dicono molto:
1. DG Istruzione e Formazione Tecnica Superiore – Messa a regime del sistema di IeFP
Gazzetta Ufficiale 27 luglio 2011 (LINK AL DOCUMENTO UFFICIALE)
2. Accordo Stato Regioni del 2012 sugli EQF (LINK AL DOCUMENTO UFFICIALE)
COSA VIENE STABILITO?
In questo ambito, nei vari allegati, richiami etc etc, si individuano i modi in cui le Regioni devono dare attuazione delle politiche nazionali sulla formazione professionale in relazione alle competenze, abilità ed EQF. Ecco, in breve, le indicazioni importanti che vengono stabilite:
– Solo i percorsi triennali e quadriennali rilasciano EQF
– I triennali rilasciano Qualifiche (EQF 3)
– I quadriennali rilasciano Diplomi (EQF 4)
– Le sole “figure professionali di Riferimento” stabilite nell’ambito ristorativo sono:
- Addetto alla Preparazione pasti
- Addetto ai Servizi di sala e di bar
– Se non si fa un percorso triennale o quadriennale al massimo le Regioni possono rilasciare un Certificato di competenze per corsi brevi e per specifiche mansioni.
Per chi ama il mestiere della cucina, leggere in dettaglio quello che il legislatore prevede nella scheda formativa è come minimo avvilente.
La fonte completa è a questo LINK : lo specifico comincia a pagina 21.
Ma riportiamo esattamente cosa si va ad acquisire come COMPETENZA secondo il legislatore:ABILITA’
• Utilizzare le principali tecniche di cottura per la preparazione dei cibi
• Dividere in porzioni i cibi da allestire direttamente in cucina
• Applicare tecniche e protocolli di controllo materie prime e semilavoratiCONOSCENZE
• Elementi di dietetica relativi a principi nutritivi degli alimenti, comportamenti alimentari, malattie metaboliche
• Protocolli di autocontrollo relativi all’igiene e alla sicurezza
• Tecniche di cottura classica
Beh.. ok, magari dopo tre anni, o quattro anni, di corso riterremmo opportuno che certificassero qualcosa di più rispetto a “l’addetto sa mettere la minestra in un piatto”.
Quello che sincermente crea più amarezza nello scavare all’interno di queste leggi è la promessa luccicante e la bastonata finale. Come molti di voi sapranno ogni legge ne richiama almeno altre 6 nelle quali ci sono specifiche di interpretazione. Mentre magari in una legge si parla di “acquisizione di specifiche competenze e capacità” che fa sperare in un elenco congruo delle reali competenze e capacità, poi nell’approfondimento all’interno di un’altra legge ci dà la bastonata di competenze generiche e di sicuro non qualificanti. (SIGH!)
In un quadro così colmo di incongruenze, le Regioni si ritrovano, in autonomia, a decidere alcuni dei parametri di assegnazione degli EQF così come la creazione di figure regionali di riferimento. Ma mentre a livello Europeo il Cuoco (non capo cuoco o chef) viene identificato mediamente con EQF 3, il rapporto Italiano identifica con il livello EQF 3 solamente gli “attestati di qualifica di operatore professionale” e assegna a questi ultimi una durata minima obbligatoria triennale. Quindi in Italia per avere un EQF 3 nel settore ristorativo si è obbligati ad avere un diploma Alberghiero o prendere una qualifica da uno dei corsi riconosciuti dalle Regioni. Infatti le Regioni possono affidare ad Agenzie Accreditate, ma comunque private, compiti di formazione professionale specifici i cui risultati formativi risulterebbero equipollenti con la formazione canonica statale (la normativa è ancora legata alla legge 845/78 e l’anzianità di questa legge dovrebbe già dirci qualcosa).
In questo caso però la normativa sugli orari dovrebbe essere rispettata, quindi un corso di formazione professionale che rilasci la qualifica EQF 3 dovrebbe comunque durare 3 anni.
MA SARA’ VERO?
A quanto pare no, infatti pare che nella pratica ogni Regione faccia un po’ a modo suo. Ed ecco lo scenario dell’Italia dove Enti Regionali, come il Veneto ad esempio, propongono un Triennio di corso di formazione professionale per rilasciare un EQF 3 di cuoco, che si contrappone ad altre Regioni, come l’Umbria ad esempio, che promuovono corsi che durano al massimo 5 mesi rilasciando lo stesso livello di qualifica.
3 anni contro 5 mesi, quasi quasi conviene ai veneti trasferirsi in Umbria per qualche mese!
AD OGNI REGIONE IL SUO POTERE! Ogni Regione a quanto pare dice la propria dettando minimi di monte orari e caratteristiche dei corsi di formazione professionale, variandoli improvvisamente come ha di recente fatto la Regione Campania, creando nel complesso un caos normativo di notevole entità ed una confusione notevole per tutti coloro che si apprestano a voler intraprendere un percorso del genere.
MA QUESTI DIPLOMI UFFICIALI CON QUALIFICA EQF, SU COSA BASANO I PROGRAMMI?
Nei corsi ufficiali con EQF l’Europa insiste su un unico parametro: il monteorario. E come abbiamo appena visto poi tra regioni e regioni ci sono varie disparità di interpretazione delle norme. Ma i punti da focalizzare sono i seguenti:
- l’EQF è solo una valutazione intellettuale generica, non qualifica le specifiche conoscenze professionali;
- viene assegnato in base al numero di ore che sto a scuola invece che rispetto ad un programma ufficiale specifico;
- le uniche due figure di “riferimento nazionale” sono quelle sopra dettagliate di addetto alla “preparazione pasti” e “servizi sala e bar”.
Quindi, alla fine, non essendoci programmi o norme di riferimento, non è la Qualità della Formazione che determina il punteggio elevato EQF, ma la quantità di ore.
Lasciamo al lettore ogni tipo di valutazione in merito.
Nella realtà del mondo lavorativo, per un aspirante cuoco, forse premierebbe di più mettersi subito ai fornelli, sotto la guida di professionisti, piuttosto che studiare studiare e studiare una materia che ha della teoria ma che si fonda nella pratica e nella sperimentazione quotidiana. Ma nella realtà burocratica di un’Europa ancora non allineata con le necessità professionali, uno studente che occupa il banco per un triennio viene premiato con un riconoscimento ufficialmente e legalmente riconosciuto mentre a quello che dopo pochi mesi sta già lavorando con successo non viene riconosciuto ufficialmente alcun certificato.
MA SERVE UN DIPLOMA RICONOSCIUTO?
Certo, per fare i concorsi pubblici e diventare il famoso cuoco di una mensa scolastica o il pluripremiato capobrigata di un ospizio (perdonate l’ironia). Perchè a questo genere di posti di lavoro si accede quasi esclusivamente tramite concorso statale e ovviamente lo stato cerca, per lo meno in questo caso, di favorire chi ha avuto la pazienza di stare per TRE anni su un corso.
Ma nel settore privato, quello che offre oltre il 95% dei posti di lavoro del settore, il fatto che abbiate un diploma riconosciuto sembra non interessare affatto. Quello che importa è saperci fare!
Sappiate che nemmeno tutti i cuochi stellati, ovvero premiati con la stella Michelin, hanno un diploma legalmente riconosciuto come cuoco. La maggior parte di loro sono persone di passione ed esperienza, che hanno passato una vita a ricercare il gusto “praticando” ai fornelli, come il grandissimo Massimo Bottura, considerato il migliore Chef italiano del 2014. Nella categoria dei primi 20 alcuni Chef hanno frequentato gli istituti alberghieri, del vecchio ordinamento, ma dichiarano di essersi fatti le ossa “a bottega”, ossia lavorando al fianco di persone esperte e non raccogliendo Diplomi o EQF.
MA IN EUROPA PER LO MENO GLI EQF CONTERANNO…
Certo, esattamente come contano in Italia: il caos normativo non è solo a livello italiano ma Europeo! Fin quando non ci sarà una normativa unificata un Cuoco è un Cuoco se sa cucinare non se ha un diploma di cuoco. Chiedetelo a quei ristoratori sconfortati per aver assunto un Diplomato che non sapeva cucinare o rileggetevi questo articolo (Clicca Qui). Migliaia di italiani stanno già esportando la nostra Arte Culinaria senza EQF di sorta, in Europa e nel mondo. Infatti la dicitura “Ristorante Italiano” è la seconda tipologia di ristorante più diffusa al mondo, dopo ovviamente gli inarrivabili Cinesi.
E UN CORSO SERVE?
Seguire un corso è propedeutico per imparare le gestioni, le regole di una cucina o di una pasticceria, conoscerne le tecniche e le attrezzature, le basi di amministrazione, il food cost, la conservazione, l’abbattimento, per poter affrontare in pratica il mondo del lavoro con grinta e competenza.
Ma diffidate dei corsi troppo lunghi… la lunghezza spesso è sintomo di fumo negli occhi per giustificare un alto costo dei corsi. Questi megacorsi sono di solito incentrati su tanta teoria da apprendere, seduti tra i banchi e con poca pratica, e spesso sono così lunghi per rientrare nei sopracitati parametri Europei di “ore di educazione” per ottenere finanziamenti, o per glorificarsi con la dicitura “Diploma Legalmente Riconosciuto” che alla fine risulta spendibile come un altro qualsiasi Diploma privato.
DULCIS IN FUNDO…
Valutate ciò che otterrete alla fine del corso in termini di capacità acquisite, piuttosto che al Certificato, e non dimenticate che il titolo legalmente riconosciuto non è un requisito legalmente richiesto per fare la professione.
E concludiamo con le parole di un vecchio ristoratore romagnolo più volte premiato con la Stella Michelin: “alla fine a me un Diploma, statale o no, mi dice il giusto… vediamo piuttosto cosa sa fare il ragazzo quando lo metto nella mia cucina!“