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Malgrado l’ondata di celebrità che l’ha investito 10-15 anni fa, trasformandolo da un giorno all’altro da semplice vino da taglio (ovvero utilizzato per diluire e al tempo stesso strutturare i più blandi vini francesi) a bevanda per palati raffinati, si sia affievolita, il Primitivo di Manduria rimane uno dei prodotti enologici più apprezzati del panorama italiano. Merito del bouquet aromatico estremamente composito e di un corpo e una struttura non comuni neanche nei vini rossi più forti.
Il Primitivo di Manduria può essere ancora oggi un degno accompagnamento per pasti importanti, a prescindere dalla natura degli stessi: dal pranzo di lavoro alla cena di coppia, fino alle occasioni conviviali tra amici. Proprio in quest’ultima circostanza la natura “sociale” di questo vino – la cui vendemmia veniva effettuata, un tempo, in forme consortili e di mutua assistenza fra tutti i coltivatori della zona d’origine – esprime, forse, le sue potenzialità migliori.
Origine del vitigno
Pare che il vitigno originario del Primitivo di Manduria provenga dalla Croazia, più precisamente dalla Dalmazia, da cui fu importato sull’altra sponda dell’Adriatico: non a caso, alcuni vini dalmati molto pregiati, come il Plavac Mali, hanno moltissimi punti di contatto con il Primitivo. In realtà, i vitigni dalmati sono quasi tutti di origine greca, dunque è probabile che la scaturigine primigenia del vitigno sia da collocare nella penisola ellenica. A sua volta, il californiano Zinfaldel è praticamente la versione nordamericana del Primitivo, frutto di un sapiente trapianto e di alcuni innesti successivi, che tuttavia non ne hanno modificato sensibilmente lo spettro organolettico.
Dalle coste della Dalmazia, il vino ha attecchito prevalentemente nelle province di Taranto e Brindisi: oltre all’eponimo Manduria, i principali comuni produttori sono quelli di Sava, Avetrana e Lizzano. La denominazione Primitivo, invece, deriva dalla precoce fruttificazione del vitigno rispetto alla media degli altri vini pugliesi. Le prime testimonianze della sua esistenza risalgono al XVII Secolo, allorché i monaci benedettini di Gioia del Colle si fecero un nome nei villaggi circostanti come produttori artigianali di Primitivo.
Le caratteristiche del vino
Come già accennato, il Primitivo è caratterizzato da notevoli corpo e struttura, tanto che alcune varianti – come il Primitivo Dolce Naturale – sono considerate più vini da degustazione, assimilabili ai liquori o ai rosoli. Il tasso alcolico del vino è piuttosto alto, con punte di 15-18 gradi nei casi più “estremi”, il che giustifica e consolida l’idea di una bevanda impegnativa, non adatta a bevitori occasionali e poco indicata per situazioni non stanziali: in poche parole, non è – o per meglio dire non sarebbe – un vino “da aperitivo”, ma piuttosto da pasto o, come si suol dire, da meditazione.
Il colore è rosso intenso, con caratteristici riflessi violacei. Il bouquet aromatico rivela sentori di frutti di bosco, ciliegia e cannella, mentre al palato spicca una decisa consistenza tannica. Particolare, quest’ultimo, del tutto inusuale, giacché la conservazione più ortodossa del Primitivo contempla un parziale affinatura in barrique e una successiva conservazione in caratteristiche giare di terracotta di dimensioni considerevoli (anche 2-3 metri di altezza) dette “capasoni”. Il periodo di invecchiamento non può essere inferiore ai due anni, con l’eccezione del Primitivo Dolce Naturale che può essere conservato anche per soli sette mesi (ma nessun produttore serio si accontenta di un periodo di invecchiamento così ridotto).
I puristi del primitivo consentono al vino una barrique limitata a pochi mesi e un successivo riposo in capasoni per periodi di anche 10 anni, in cantine sotterranee caratterizzate da oscurità permanente, umidità assente e temperatura mai superiore ai 15 gradi. Il vino che scaturisce da questo prolungato processo di conservazione è un autentico nettare, il cui costo (specie se acquistato direttamente dal produttore) non rende minimamente giustizia al gusto prezioso e inconfondibile.
Primitivo di Manduria: gli abbinamenti
Inevitabilmente, il Primitivo d Manduria si abbina alla perfezione con pietanze molto strutturate, in grado di assicurare un adeguato contraltare alla vocazione, per così dire, “invasiva” di questo vino. Tuttavia, è sbagliato pensare che gli unici abbinamenti possibili siano i soliti ragù di carne, i salumi, le carni rosse e la cacciagione. Molti piatti tipici pugliesi sono infatti altrettanto indicati: dalle orecchiette con le cime di rapa (il sapore persistente e il retrogusto amarognolo di queste ultime rappresentano un valido equilibratore rispetto alle sollecitazioni del Primitivo) ai formaggi stagionati come il caciocavallo o la caratteristica cacioricotta.
Ma la sorpresa più grande viene forse dalla possibilità di abbinare il Primitivo di Manduria ai dolci. Anche in questo caso, a trarre maggiore giovamento da tale sinergia sono i prodotti più strutturati, come i classici pasticciotti pugliesi o i dolci i marzapane. Provare per credere.