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«Oggi in Italia tutti vogliono diventare Chef e nessuno vuole dedicarsi al management della ristorazione: ciò è una grave mancanza».
A battere di nuovo sul punto “dolente” che caratterizza la ristorazione italiana, ad un anno esatto dalla pubblicazione della ricerca condotta dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (Fipe), è proprio uno dei critici enogastronomici più autorevoli e amati d’Italia: Luigi Cremona.
Ingegnere convertito alla tavola per gusto, firma della Guida dell’Espresso per dieci anni, Luigi Cremona entra quasi per caso nel mondo dell’alta gastronomia. Prosegue poi il suo percorso con un’approfondita formazione sul cibo e sul vino, incontrando i più importanti Chef e i maggiori esponenti della grande cucina europea. Il suo viaggio enogastronomico lo porta a provare i sapori dei paesi più diversi, dall’Alaska, alla Corea, dalla Terra del Fuoco, al deserto del Kalahari in Botswana.
In Italia c’è bisogno di manager preposti alla ristorazione e cuochi imprenditori
Nel mondo, a detta del critico, la nostra cucina sta vivendo un boom, ma allo stesso tempo dichiara «Il dramma è che si tratta di un italian sounding. Avanza l’Italia come nome e come titolo retto da proprietà costituite da investitori americani o asiatici, mentre a livello di food and beverage management sussiste praticamente un monopolio straniero». Il motivo? L’Italia non è tanto carente di Chef, quanto di professionisti in grado di gestire prodotti e ristorazione in termini quantitativi accettabili. Mancherebbero, infatti, delle figure manageriali con esperienza nel settore e con capacità di gestione di locali di tutte le tipologie, e, soprattutto, mancano i cuochi dotati di audacia imprenditoriale. Gli Chef tricolore, bravissimi e geniali grazie alla loro indiscutibile passione e attaccamento a questo mestiere, garantiscono elevati livelli qualitativi legati solamente a numeri bassi di persone servite a tavola, ma a livello mondiale, sembrerebbe non funzionare affatto così.
La ristorazione nel mondo
In tutto mondo l’alta ristorazione si coniuga con i grandi numeri. Perché in Italia non succede?
Cremona, con un bagaglio di oltre 70 viaggi enogastronomici all’estero (all’appello manca solo l’Australia), ci tiene a sottolineare: «Fuori dall’Europa, la vita si svolge nei grandi alberghi da tre-quattrocento camere in su. Di fatto, un albergo da tremila stanze, se a pieno regime, è una città di medie dimensioni. A Dubai ho incontrato un executive Chef italiano a capo di ventiquattro punti di ristorazione: alle sue dipendenze ha cinquecento cuochi capopartita e mette a segno un fatturato di almeno un centinaio di milioni di euro». Continua, Luigi Cremona, «In America la massima aspirazione è fare business con un’alta qualità pensando in grande. La famiglia Bastianich è un esempio».
I mercati da esplorare (suggeriti da Luigi Cremona)
Quali frontiere del business della ristorazione bisognerebbe esplorare? «Cina, India, Brasile e Indonesia: sono le nazioni più popolose del globo qui ci sono aspettative alte, ma bisogna comprendere quale piazza sia più affidabile per un investimento a lungo termine».
La Russia? «Mosca ha una bellissima ristorazione italiana, ma negli ultimi due anni ha vissuto una grave crisi a causa dei rapporti politici deteriorati e questo crea qualche imbarazzo».
Le realtà più competitive? «New York e Hong Kong, mentre in Europa sono effervescenti Londra e Berlino, con un’emergente Polonia sospinta dalla crescita economica; qui i nostri prodotti sono ben visti. Per alcuni business ci sarebbe pure la Turchia, ma con gli attuali problemi di stabilità bisognerebbe rifletterci». Tornando a Manhattan e all’ex colonia britannica, Cremona ha lodato questi due ambienti per un fattore essenziale: «Sono situazioni interessanti per l’alto tasso di concorrenza, cosa che giova a questo settore e che manca a noi italiani. Rischia molto chi si cimenta in queste realtà, ma viene premiato chi ha qualcosa da dire».
L’ottimale team di un’attività ristorativa necessita, oltre che di bravi Chef e camerieri, anche di un food and beverage manager. Questa figura, assumendo un ruolo di “regista”, è in grado di intraprendere le corrette decisioni manageriali per guidare l’attività in un percorso di crescita strategico al fine di incrementarne il business e di renderla competitiva nei confronti della concorrenza.
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