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E voi? avete mai utilizzato l’avgotaraho nei vostri piatti?
Gualtiero Marchesi lo definì una delizia “da pulire come il salame, da degustare come il miglior San Daniele”. Un’interpretazione all’italiana di questa eccellenza alimentare tipica della Baia di Missolungi, nella Grecia Occidentale. Stiamo parlando dell’avgotaraho. Si tratta di uova di muggine grigio selvaggio racchiuse, mediante un’antica lavorazione, nella cera d’api. Una varietà di bottarga quindi, che alla vista si presenta come un lingotto bianco perlaceo che racchiude le sacche di uova estratte intere, lavate, cosparse di fior di sale dello Ionio ed esposte al vento marino fino al raggiungimento di un preciso livello di essiccazione. A questo punto le sacche di uova vengono immerse in un bagno di cera d’api naturale. La cera preserva l’umidità e fa sì che l’interno resti morbido, oltre ad allungarne la conservabilità.
Un ingrediente che sa bastare a se stesso
All’assaggio l’avgotaraho è capace di fondere note dolci e sapide in maniera ben bilanciata. Sale e miele creano infatti connubio persistente al palato molto simile all’umami. Per questo è possibile anche proporlo in purezza, magari su una sottile fetta di pane abbrustolito. La consistenza, inizialmente compatta, diventa subito cremosa, quasi burrosa. Ovviamente sta poi alla creatività dello Chef accostarlo ad altri ingredienti al fine di creare piatti di alto valore culinario. E’ possibile utilizzarlo come una classica bottarga, lasciandolo essiccare ulteriormente per poi spolverarlo su un piatto di pasta.