The Best Fluffy Pancakes recipe you will fall in love with. Full of tips and tricks to help you make the best pancakes.
History Cooking, riproporre ricette del passato
Negli ultimi tempi il mondo della cucina e del cibo si è ritagliato uno spazio crescente nei media e nella cultura di massa. Non è facile riuscire a catturare l’attenzione del pubblico in quanto l’offerta è tanta e il rischio è quello di proporre qualcosa di già visto e sentito sprecando solo energie inutilmente. L’History cooking, o cucina storica, è una delle novità più interessanti del momento.
Si tratta in sostanza di riproporre le ricette del passato adeguandole in parte o del tutto al gusto contemporaneo. In questo modo paesi ricchi di cultura e tradizione come l’Italia potranno valorizzare storia e territori creando anche occasioni di crescita economica non indifferenti. Non solo, riproporre antiche ricette potrebbe anche essere un modo intelligente di promuovere un intero territorio, ponendo magari l’accento su ingredienti ormai non più “di moda”.
Ristoranti a “tema” l’History Cooking
Aprire un ristorante a tema storico è senza ombra di dubbio una ottima idea, a patto però di prestare cura e attenzione nella scelta del menù e la massima precisione nella ricostruzione storica. L’offerta al pubblico del mondo della ristorazione è davvero sterminata, per emergere all’interno di una concorrenza sempre più livellata verso l’alto occorre offrire un ottimo rapporto qualità/prezzo e delle proposte innovative. In Italia siamo fortunati, possiamo attingere alle ricette della Roma antica o del Medioevo così da elaborare proposte davvero innovative in grado di soddisfare la clientela senza per questo dover spendere cifre astronomiche negli ingredienti.
L’History cooking è quindi una occasione da non perdere per quei ristoratori ambiziosi che sono disposti a osare con una proposta menù fuori dal comune. La prima cosa da fare quando si decide di aprire un ristorante a tema storico è quello di scegliere il periodo storico da cui attingere. Molte pietanze odierne inoltre derivano da ricette del passato che si sono tramandate di generazione e generazione fino ai giorni nostri. Perché quindi non proporre alla clientela dei veri e propri percorsi gastronomici che attraversano i secoli? La documentazione a cui attingere non manca di certo, e anche il numero di persone potenzialmente attirate dall’History cooking risulta promettente, sia in Italia che all’estero.
Esempio: la cucina dell’antica Roma
La società romana era molto complessa sotto diversi punti di vista, e la cucina non fa di certo eccezione. Gli antichi romani erano dei grandi estimatori della cucina e amavano intrattenere i loro ospiti con banchetti luculliani che non avevano molto da invidiare a quelli odierni.
Alcune delle ricette che all’epoca andavano per la maggiore forse oggi non sarebbero apprezzate, molte altre invece sì. Roma nella sua età dell’oro era una metropoli con oltre un milione di abitanti in cui affluivano ricchezze e cibi di ogni tipo provenienti da ogni lato del mondo conosciuto.
I romani avevano una cultura del cibo molto spiccata che è andata affinandosi con il passare degli anni, raggiungendo livelli che oggi ci è difficile riuscire a immaginare. Molte ricette sono arrivate fino a noi e possono essere riprodotte con estrema precisione per offrire ai clienti una esperienza unica. Le pietanze più consumate erano a base di carne di suino, selvaggina, rane, lumache, volatili e pesce. Non potevano mancare il garum, una salsa a base di viscere di pesce essiccate, delle ricche zuppe di legumi e anche dei dolci golosi molto più simili ai nostri di quanto si potrebbe pensare.
Non solo, nell’antichità esistevano anche dei veri e propri “chef” come Marco Gavio Apicio, le cui ricette sono state raccolte in un libro chiamato “De re coquinaria” che non dovrebbe mancare sulle tavole dei ristoratori che vogliono cimentarsi con l’ History cooking. Le fonti a cui ispirarsi sono comunque sterminate e possono essere utilizzate dai ristoratori per creare un menù ricco di documentazioni e informazioni così da catturare l’attenzione prima del palato del cliente.
Gli antipasti
Gli antipasti dell’epoca, anche detti gustatio, venivano serviti prima delle portate principali e accompagnati con bevande amare per stimolare l’appetito dei commensali. Le indicazioni utili a ricostruire le pietanze consumate dai romani ci arrivano dai grandi della letteratura antica come Cicerone, Plinio il Vecchio o Orazio. Il primo ad esempio ci spiega che tra gli antipasti più apprezzati vi erano insalate e verdure crude, olive, ostriche o ricci di mare crudi. Orazio invece ha posto l’attenzione sulle uova, sode o fritte, che erano una presenza quasi obbligata negli antipasti dell’epoca, anche sotto forma di frittate di carne o verdura.
Facendo un esempio concreto di antipasti dell’antica Roma che potrebbero essere tranquillamente riproposti oggi possiamo nominare il “gustacium”, un antipasto a base di frutta secca, uova, capperi e olive, delle fette di focaccia servite con il “moretum”, ovvero una crema di aglio e formaggio, e la “patina”, una frittata di lattuga con pepe e vino cotto. All’epoca esisteva anche qualcosa di simile alle olive all’ascolana, ovvero olive ripiene di carne, pesce e farina di frumento insaporita. Tutti questi antipasti, al pari delle pietanze principali, venivano accompagnate dal garum, la salsa più amata in assoluto dagli antichi romani, a cui dedichiamo un paragrafo a parte.
Il pane, le focacce e le verdure
Uno dei motivi per il quale la cucina dell’antica Roma si presta particolarmente all’ History cooking è proprio la varietà della proposta. Nella Roma imperiale esistevano dei veri e propri primi piatti (Ferculae primae) come la polenta di farro o frumento che veniva cucinata in un contenitore di terracotta con acqua, latte, sale, lardo o fave, cavoli, cipolle, formaggio e pezzi di carne o pesce. Venivano servite anche minestre di sedano e cipolle, creme di piselli e porri, brodetto di cavolo e persino l’antenato della nostra lasagna, la lagana, che veniva preparata con farina di frumento, carne, formaggio e spezie.
Completavano l’offerta anche delle focacce di frumento cotte nella cenere e condite con cacio e alloro e varie forme di pane, tutte ricette molto gustose che potrebbero essere replicate con poco sforzo e bassi costi anche oggi. Una delle focacce che potrebbe arricchire i menù odierni è il Libum, la cui ricetta è giunta fino a noi grazie al “De agricoltura” di Catone. Il Libum si prepara facilmente sciogliendo in un mortaio due libbre di formaggio e mischiandole con una libbra di farina.A quel punto andrà aggiunto un uovo e si dovrà impastare il tutto con pazienza per poi disporre il preparato in un forno e farlo cuocere lentamente. In particolare nell’antica Roma esistevano, proprio come oggi, diversi tipi di pane che derivavano da diversi tipi di impasti e cottura. Uno dei più noti era il panis siliginaeus, un pane pregiato che si ricavava dalla siliga, ovvero la nostra farina 0.
I più poveri mangiavano pani meno pregiati come il panis cibarius che si ottenevano con farine meno pregiate, e il pane con farina integrale, il panis rusticus. L’amore dei romani per il pane arrivava ad elaborare diverse tipologie di pane sulla base del cibo da cucinare. Ad esempio esisteva il panis hostearus, servito in accompagnamento alle ostriche, o il panis picenus, un pane che si otteneva grazie a un impasto con succo d’uva passita lasciato a macerare nel farro e poi cotto in una pentola di coccio che veniva rotta davanti ai commensali al momento del banchetto. Esistevano anche pani ottenuti impastando la farina con ghiande, castagne e legumi, che venivano cotti al forno, sotto la cenere o su vasi arroventati.
Nella Roma imperiale esistevano dei veri e propri fornai che proponevano ogni giorno focacce e pagnotte fumanti, al loro apice arrivarono persino a creare una loro corporazione e ottennero vere e proprie forniture statali per la distribuzione del pane al popolo. E le verdure? I romani ne conoscevano e utilizzavano una grande varietà, e molte delle verdure che impiegavano in cucina sono disponibili ancora oggi.
In particolare nelle tavole della Roma antica non potevano mancare: asparagi, porri, cipolle, olive, cicorie, cardi, funghi, carciofi, borragine, barbabietola, lattuga, spinaci, indivia, ortiche, erbe di campo, finocchio, carote, tartufi, capperi, aglio, ceci, lenticchie, piselli, cicerchie e lupini. Questi ultimi venivano tostati e venduti anche ai lati della strada proprio come accade oggi nelle fiere con la frutta secca.
I piatti di carne e pesce
Gli antichi romani andavano letteralmente ghiotti di carne, come detto uno degli animali più apprezzati era il suino ma sulle tavole di Roma non mancavano mai le carni di cinghiali, lepri, pavoni, fagiani, conigli, fenicotteri e struzzi. Uno dei piatti che si potrebbe riproporre anche oggi sono le polpette di carne cucinate secondo la ricetta di Apicio (48 d.c.). Per cucinare questo piatto occorre amalgamare carne tritata di maiale o di manzo con mollica di pane ammorbidita nel vino, pepe, garum e pinoli. Le polpette andranno poi cotte in un bicchiere di vino e servite magari in vassoio con formaggio e verdura.
Sempre per quanto riguarda le pietanze di carne potrebbe essere molto apprezzato il capretto partico, un’altra ricetta presa dal “De coquinaria” di Apicio. In questo caso bisognerà condire il capretto con pepe, ruta, cipolla, santoreggia, prugne snocciolate, vino, aceto e olio. Prima di metterlo in forno si dovrà bagnarlo con vino bollente e aceto. La Copadia invece era un intingolo di carne trita che veniva cotto con pepe e unito a legumi disfatti nel farro con pepe, salsa acida, olio, spezie e bocconcini di pane. Possono essere riproposti anche altri piatti molto gustosi come polli alla graticola, oche ripiene e spiedi di piccioni e colombacci. I romani apprezzavano particolarmente le carni allo spiedo e quelle ripiene, amavano infatti sorprendere i commensali con le farciture più impensabili, come carne di volatili ripiene suino e così via.
Particolarmente indicato per i gusti contemporanei potrebbe essere il Minutal Matianum, un arrosto di cinghiale con mele molto gustoso che si cucinava lessando carne di cinghiale in acqua salata aromatizzata all’alloro per poi servirlo con sale, mele, aceto e senape.
I romani erano ghiotti anche di carne di ghiro, un gusto che oggi non possiamo sperimentare in quanto consumare la carne di questi animali è vietato in quanto questo roditore notturno rischia l’estinzione. Ovviamente i romani apprezzavano non poco anche il pesce, cucinavano abitualmente orate, seppie, murene, polpi, aragoste, astici, storioni, lucci, sogliole e triglie.
Non solo, consumavano un gran numero di molluschi come cozze, vongole e ostriche che venivano conditi con salse di ogni tipo e accompagnati a uova di anatre, pernici e piccioni. Agli chef del tempo piaceva anche abbinare pesce e carne, ad esempio una ricetta prevedeva di cuocere filetti di nasello infarinati nel lardo e presentarli a tavola conditi con vino, aceto e aneto. Insomma, una volta entrati nell’ordine d’idee giusto basterà essere un po’ fantasiosi per riuscire a presentare menù variegati e intriganti.
Le salse e i condimenti
Le salse erano una componente integrante della cucina dell’antica Roma. Come detto la salsa più apprezzata e utilizzata in assoluto era il garum, una salsa liquida di interiora di pesce e pesce salato che veniva utilizzata per condire ogni tipo di antipasto o piatto principale. I romani erano talmente ghiotti di questa salsa che arrivavano a utilizzarla persino per mischiarla con acqua e vino durante i pasti. La ricetta originale del garum ci è arrivata tramite Gargilio Marziale e prevedeva la macerazione di interiora di pesce unite ad aceto e altre spezie. Oggi troveremmo di cattivo gusto il garum, ma esistono delle valide alternative che possono sostituirlo degnamente nei menù contemporanei come la colatura d’alici di Cetara.
Altra salsa molto apprezzata era l’Epityrum che si otteneva snocciolando e tritando delle olive nere per poi aggiungere olio, aceto, ruta, menta, semi di coriandolo e cumino. Il patè così creato poteva essere utilizzato per condire gustose bruschette ed essere arricchito con olive intere. Infine tutti i ristoratori che vogliono cimentarsi con l’ History cooking non possono far mancare in tavola la cosiddetta salsa bianca di Apicio, un condimento ideale per la carne bollita consistente nell’amalgamare alla perfezione pepe, garum, vino, ruta, cipolla, pinoli, vino aromatico, pane macerato e olio. Tra le piante aromatiche utilizzate come condimento preferite dai romani vi erano il ginepro, l’alloro, la menta, il basilico, il prezzemolo, la maggiorana, il coriandolo, l’anice, la salvia, la santoreggia, il timo, lo zenzero, la rucola, la ruta, il cumino, l’issopo, la lavanda e la cannella. Venivano utilizzati per realizzare salse di condimento anche pinoli, nocciole e mandorle.
I dolci
Anche se molti lo ignorano i romani erano ghiotti di dolci ed elaboravano delle ricette molto particolari e complesse anche per i nostri tempi. Un buon ristorante che voglia cimentarsi nell’History cooking può attingere a una vasta scelta di dolci che vanno dalle semplici fragole con miele e pepe fino ai datteri farciti e agli antenati delle granite odierne.
I romani non conoscevano lo zucchero e utilizzavano al suo posto il miele, uno dei principali ingredienti dei dolci antichi. Una delle ricette di Apicio consisteva nel farcire i datteri con un composto di noci, pinoli e pepe e scaldare in tutto in un pentolino con il miele. Bisogna anche sfatare il mito che le granite e i sorbetti siano stati portati in Italia dagli arabi, si tratta di una falsa credenza in quanto i reali inventori di questo dolce fresco e senza tempo sarebbero proprio i romani.
Esistevano gustose granite di ciliegie (cereseae), ribes e pere che venivano cucinate mischiando frutta fresca a miele e ghiaccio che veniva trasportato in città direttamente dalle montagne. Controverso è invece l’uso dell’ananas che è documentato in diversi mosaici e il cui utilizzo (del tutto ipotetico) presupporrebbe il fatto che i romani avessero in qualche modo avuto dei legami commerciali con il continente americano. Ma le sorprese non sono finite qui: esistono dolci romani che arrivano fino a noi. Un esempio concreto sono i “maritozzi”, un dolce tipico di Lazio, Puglia, Marche e Sicilia che viene consumato anche nei nostri giorni. I “maritozzi” sono stati inventati ai tempi di Cesare Augusto e consistevano in una pagnotta addolcita con frutta secca, uova, farina, burro e miele. Insomma, gli spunti per presentare un menù romano “contemporaneo” sono davvero molti.
Enormi potenzialità inesplorate nell’History Cooking
In un mondo globalizzato dove i must della cucina italiana come pizza e pasta sono diffusi e copiati in tutto il mondo, i ristoratori devono saper innovare se vogliono emergere e devono quindi offrire qualcosa di diverso. L’History cooking è una frontiera ancora largamente inesplorata e potrebbe fare la differenza, soprattutto se si riesce a realizzare dei percorsi culinari in grado di giungere fino a noi. I ristoratori potrebbero così valorizzare ingredienti, anche poveri, e utilizzare il fascino della storia per incuriosire e affascinare.
Esistono già attività ristorative che si cimentano nel riproporre ricette antiche, si pensi ad esempio alle rievocazioni di banchetti medievali, ma mancano dei locali dedicati in grado di fare “sistema”. Le potenzialità sono infatti enormi visto che in Italia il numero di turisti che visitano il Bel Paese proprio alla ricerca di storia e cucina è in continuo aumento, per non parlare dei percorsi didattici che potrebbero attirare scuole, curiosi e università. L’History Cooking riguarda da vicino anche il mondo di internet e dei social in quanto consente ai ristoratori di pubblicizzare le proprie ricette e di raggiungere un numero di utenti sterminato.
Il segreto è quello di presentare i piatti includendo nei menù anche un minimo di ricostruzione storica, informando così la clientela del lavoro minuzioso di documentazione e di sperimentazione svolto per adattare il gusto di epoche passate al mondo contemporaneo. Si dovrà prestare anche molta attenzione alla presentazione delle portate e all’allestimento del locale che dovrà essere immersivo e il più possibile rispettoso della storia. Molti potenziali clienti sarebbero disposti a pagare cifre anche molto alte per vivere l’emozione di entrare in una sorta di macchina del tempo e provare l’esperienza di un pasto dell’antica Roma. Ovviamente non è necessario per forza aprire un ristorante a tema, potrebbe essere sufficiente anche inserire alcune proposte all’interno di un menù consolidato così da incuriosire i clienti e offrire qualcosa di diverso a prezzi contenuti.
Di Daniele Cardetta