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“Son sempre stato un “nomade” nella ristorazione, ho sempre ricercato, conquistato e successivamente abbandonato per avere nuove conquiste […] La mia cucina è letteraria, è arte semplificata nel piatto; forse è letteratura commestibile.”
Kevin Luigi Fornoni, classe 1992, ha sempre cercato un’evoluzione professionale e personale nelle sue esperienze con l’arte culinaria.
Un mondo, quello della cucina, che lo ha affascinato e che in breve tempo lo ha visto diventare, con tangibile entusiasmo e assoluto successo, una stella in ripida ascesa.
Abbiamo intervistato il brillante e giovane Chef del Ristorante “La Scaletta” di Milano per andare a scovare quali sono principi saldi della sua evoluzione, quali sono i suoi punti di vista e i suoi segreti e per dare i giusti consigli e i segreti ai nostri lettori in un’ottica di crescita e perfezionamento professionale.
Kevin, lei a 22 anni è già Tutor dell’Accademia Italiana Chef e a capo della brigata del famoso ristorante La Scaletta di Milano. Un’ascesa ripida e veloce per un professionista della sua età! E quindi la domanda nasce spontanea: come nasce lo “Chef Fornoni”?
K. L. F. Devo ammettere che ha utilizzato il termine esatto; un’ascesa ripida, perché sappiamo entrambi che questa professione non è semplice .
Io penso di aver intrapreso questa salita con la maggiore forza di volontà e dedizione, e con sacrifici, a volte ripagati, a volte meno, mai vani in ambedue i casi .
La mia carriera inizia studiando al conservatorio di Milano Organo e composizione organistica, in parallelo lavorando come semplice cameriere per portare avanti i miei studi; da lì tutta l’evoluzione che mi ha portato in poco tempo in cucina.
Quindi oltre che cuoco sono anche un musico, grande amante della musica barocca; posso dire di esser un artista.
Il concetto di lavoro devo dire che mi è stato ben tramandato dai miei umili genitori, grandi lavoratori, soprattuto da mio padre, e a sua volta da suo padre, contadino di una cascina nel sud milanese, e quindi amanti della terra, molto sensibili su questo tema.
Son sempre stato un “nomade” nella ristorazione , ho sempre ricercato, conquistato e successivamente abbandonato per avere nuove conquiste e per valutare i punti di vista altrui.
L’essere chef tutor dell’Accademia italiana chef mi onora molto, mi rende orgoglioso del mio lavoro , caricandomi di grandi responsabilità.
Ciò che più mi felicita è la loro stima e rispetto nei miei confronti.
Il poter crescere nel mio piccolo e istruire altre persone in cucina mi rende “chef”, non il solo dare ordini al pass.
Ogni volta che uno stagista esce dalla cucina del ristorante ha una parte di me dentro e professionalmente seguirà un po’ la mia filosofia culinaria.
Io non ho ancora finito di nascere in questo settore, é sempre una salita d’altronde.
Adesso, come ha suddetto lei, sono a capo della brigata del ristorante “La Scaletta” di Milano, bellissimo ristorante in Porta Genova, con un’atmosfera tranquilla, romantica e di classe, avendo tralasciato l’idea di partire per l’Egitto o la Grecia, e avendo deciso di investire su me stesso in Italia.
Una brigata intrepida ed efficiente, composta dal mio Sous chef e dai vari aspiranti professionisti dell’Accademia che lavorano duramente per portare in vita le mie idee di cucina. D’altronde la cucina prende vita grazie e soprattutto al loro duro lavoro di squadra, sotto un’attenta e precisa supervisione del sottoscritto.
Una così ripida ascesa ha delle regole ferree che lo Chef Fornoni non viola mai?
K. L. F. La mia cucina spazia tra l’ordine e il caos. Cosa significa d’altronde violare una regola di cucina tradizionale , se non portarla al poter essere insolita ed unica ?
Musicalmente parlando potrei parlare di cucina “barocca” senza regole, sfarzosa e vivace.
Bisogna osare in cucina, questo è uno dei principi che attuo nelle mie creazioni.
Si mantenga pure la tradizione, che penso sia la prerogativa di un buon cuoco, ma la cucina d’altronde si evolve, a pari passo con l’uomo e ha bisogno di nuove certezze e di novità applicate .
Ultimamente un cliente soddisfatto mi ha confidato che la tipologia di cucina che attuo va ricercata, non essendo cucina semplice, essendo una cucina che osa; che piace o non piace ma che mai supera i limiti .
Riesce a visualizzare la meta verso la quale indirizza le sue scelte professionali?
K. L. F. Sono molto ambizioso, e penso si sia potuto capire.
Molta gente giustifica questa ambizione con la mia giovane età , e in questo erra.
La mia ambizione nasce dal voler arrivare al massimo, dal voler superare me stesso in primis.
Le mie scelte professionali mirano alla visibilità, al raggiungimento di riconoscimenti, quali la stella Michelin che fa parte di uno dei miei scopi e sogni nel cassetto.
In questo settore bisogna identificarsi , essere differenti dalle logiche, solo in questo modo secondo me si può apparire, si può avere un nome.
Portare una divisa da cuoco è eleganza, resta sempre il fatto che non sia la divisa a rendere tale una persona, bensì le capacità .
Qual è la scena ideale che si augura che raggiunga il ristorante “La Scaletta” nel panorama culinario milanese e italiano?
K. L. F. Il ristorante “La scaletta” è uno dei ristoranti più antichi di Milano , un punto di riferimento degli anni ’80, quando raggiunse le ben due stelle Michelin, sotto altra gestione .
Io sto mirando al poterne fare di nuovo un punto importante della ristorazione milanese ed italiana, rivisitando piatti e aggiungendo un pizzico di me.
I numeri ci sono. La mia arte c’è. Bisogna attendere, impegnarsi e avere pazienza, ma sopratutto crederci.
Nel ristorante produciamo prodotti di pasticceria, pasta fresca trafilata al bronzo e pane sempre fresco.
Pane sempre diverso , partendo da piccoli panetti al nero di seppia , per passare al pane al mirto e uvetta al peperoncino .
Bisogna provarle certe emozioni, spiegandole non si può ottenere lo stesso risultato.
Questo ristorante con questa gestione nuova sono fermamente convinto che avanzerà , e raggiungerà vari obbiettivi.
Con quale tipologia di cucina intende raggiungerle?
K. L. F. La mia cucina è letteraria, è arte semplificata nel piatto; forse è letteratura commestibile.
I miei piatti attraversano righe artistiche complesse , esprimendo diverse correnti, svelando la natura del prodotto e la sua evoluzione dalla terra alla tavola.
Come un’opera letteraria , prima immaginata e poi scritta , dalla realtà alla creazione, conservando un briciolo di semplicità .
Aggiungere dei fiori in un risotto alla milanese per accompagnarne il sapore e l’origine dei pistilli di Zafferano; una semplice pera semicandita al rosé che possa essere appoggiata su del terriccio; la sua ultima meta, la sua morte, composto da biscotti integrale e cacao , ripiena di crema al taleggio e vestita di un cioccolato amaro temperato per supportarla nel suo appassimento; piccoli esempi per sapori davvero caratteristici .
In vista dell’EXPO di Milano ho deciso di introdurre un menù degustazione per rendere ancora più interessante il menù del ristorante.
In questa degustazione esprimerò varie correnti e punti di vista artistici, partendo da Pollock, passando per Mondrian, e giungendo in una commedia di dolci con una trilogia di mini desserteria al piatto.
L’Expo d’altronde afferma che il cibo è vita; l’arte è vita ma l’arte attraverso il cibo è una vita eterna!
È un’occasione per dimostrare al mondo che la cucina italiana e i giovani italiani valgono. Che l’Italia ha un patrimonio artistico culinario ampio, senza fine.
Io mi considero un cuoco che lavora molto con la testa, e che completa il proprio lavoro con sentimento.
Con quali promesse stuzzica la fantasia dei suoi potenziali clienti?
K. L. F. I nostri clienti sono alquanto semplici, a volte pretenziosi come è giusto che sia.
Quando un cliente chiede la storia di un piatto significa che è interessato, dopo la trama visiva, allo svolgimento e alla conclusione di quest’ultimo!
Allora li ho la mia soddisfazione, che vede un cliente voler sapere il “perché” di un piatto, chi ci sia dietro e quale essa sia la sua origine.
Umilmente parlando bisogna abbandonarsi ai miei piatti.
Forse ciò che cerca la gente é creatività. Io cerco di dare questo, leggerezza, classe e tradizione ma con quel pizzico di originalità nel piatto, che a mio parere lo rendono una semplice creazione personale e unica nel genere .
Sapori in contrasto tra di loro , ma d’altronde i sapori opposti mi attraggono.
Quale messaggio le piacerebbe trasmettere ai nostri lettori del mondo della ristorazione professionale?
K. L. F. Son dell’idea che la gente debba sapere che io cucino pensando a loro.
Pensando alla loro serenità davanti ad un piatto, semplice o sofisticato che esso sia.
Ciò che allevia lo stress e le fatiche del mestiere sono proprio questi piccoli particolari.
Miro al pensiero che usciti dal ristorante si possano ricordare di me e di ciò che hanno assaporato, di ciò che hanno vissuto.
Io personalmente amo uscire in sala e avere confronti con i clienti su come hanno passato l’esperienza nel ristorante e come si son sentiti dopo aver provato i piatti, e metterci la faccia è anche una questione personale.
Ringraziamo lo Chef Fornoni per la sua disponibilità e collaborazione. A lui vanno i nostri complimenti e un augurio per il raggiungimento delle sue brillanti e meritatissime mete.
>>Vai al Sito Web Ristorante “La Scaletta” Milano